Ci sono volte in cui capisci che un appuntamento non sta andando come vorresti. Lo capisci dal fatto che riesci a vederti in terza persona, col tuo caffè in mano e la morte nel cuore, mentre “l’esperto” di turno dice:
Sì insomma, Pisanello – medaglistica, affreschi, disegni… ti dico, nulla di che.
Forse hai capito male. Ci speri.
Parla di Antonio di Puccio, esatto, il raffinato pittore e medaglista della prima metà del Quattrocento; sul suo curriculum emergono le medaglie realizzate per figure di spicco del suo tempo, opere di carattere sacro e affreschi, disegni, il tutto disseminato nel suo viaggiare per le maggiori città italiane: artista ospite alla corte aragonese, al servizio di signori quali i Gonzaga a Mantova, gli Este, i Visconti e i Malatesta – ebbe come committenti addirittura papi e imperatori, un nome tra tutti quello di Giovanni VIII Paleologo.
Una rockstar. “Nulla di che”.
Va ammesso che parte del fastidio è forse dovuta al fatto che sei di Verona: luogo di provenienza del ramo materno della famiglia del pittore, città in cui ha vissuto e dove attualmente si trovano alcune delle sue opere più conosciute, come la Madonna della Quaglia, l’affresco di San Giorgio e la principessa nella chiesa di Santa Anastasia, o il monumento Brenzoni. Pensi che forse il tuo spasimante non le ha mai viste, che sia poco informato.
Perché sai, io ci sono andato alla mostra, a Mantova.
Uomo di cultura. Qualcosa non torna.
Sai benissimo a quale mostra si riferisce, perché l’hai vista anche tu. Negli ultimi mesi del 2022, Palazzo Ducale ha ospitato Pisanello. Il tumulto del mondo. Sono passati 50 anni dall’esposizione di Paccagnini, ovvero 50 anni dalla prima volta in cui veniva esposto – riscoperto dopo alcuni secoli – il ciclo di affreschi a tema cavalleresco dell’artista, fino ad allora nascosto da ridipinture successive. La stanza del Palazzo difatti era stata conosciuta fino ad allora come sala dei Duchi o dei Principi (data la presenza di un fregio con ritratti dei Gonzaga) e divenne la sala del Pisanello, esponendo i dipinti murali e le sinopie (i disegni preparatori) del pittore.
In questa occasione, però, si sono aggiunte 30 opere – con prestiti dal Museo di Castelvecchio, dalla National Gallery, dal Louvre – ad arricchire lo spazio espositivo: disegni, monete, dipinti, tavole; scelte fatte sapientemente, che aiutano lo spettatore a rintracciare il percorso di studio, di preparazione e di ispirazione del pittore. Copricapi appariscenti e vesti, disegni di profilo, animali, opere di carattere sacro (si annovera fra gli ospiti d’onore anche la Madonna della Quaglia; “l’esperto” non l’avrà vista).
Curato da L’Occaso, è stato attuato un riallestimento permanente della sala: la vera novità. Il sistema di illuminazione e la pedana sopraelevata – che va a ricollocare lo spettatore alla distanza originaria dall’opera, prevista dall’artista – lasciano intendere chiaramente l’intenzione verso una maggiore accessibilità degli affreschi, unita a una maggiore correttezza nei riguardi delle intenzioni originali.
Rifletti distrattamente sul fatto che se Palazzo Ducale fosse un ristorante stellato, la mostra sarebbe il menù degustazione.
Ed è per questa serie di ragioni che non riesci a capire; cosa è andato storto con lui?
Siamo onesti. Disegnare sì, bravo; le monete? Vadano anche quelle. Ma perfino sui muri deve essere tutto così piccolo? È confuso, non è che si capisca molto.
Oh, ecco il punto. Adesso è più chiaro.
Allo “stimatissimo Professore” non si può dare del tutto torto: in fondo anche l’affresco di San Giorgio a Santa Anastasia è collocato a una certa altezza. Non è neppure difficile comprendere il suo punto di vista, considerato il fatto che oggi lo zoom è sempre garantito e forse in qualche modo preteso.
Ma ripensi poi allo schermo interattivo all’esposizione, che permette una visione pulita e un accesso alle scene che forse solo a Pisanello e agli esperti era stato fino ad ora possibile, e si scoprono così dettagli come l’incredibile espressività degli uomini e delle dame, lo sforzo dei cavalli impegnati nello scontro.
Pensi, tuttavia, che parte dell’esperienza sia anche l’indagine: prendersi il tempo e la curiosità per scovare i dettagli e rintracciare le storie, lasciare correre lo sguardo così come anche i Gonzaga fecero al tempo.
I personaggi aprono infatti una serie amplissima di micro-storie: uomini di etnie e culture diverse di schiena, a cavallo, impegnati nella lotta; a terra, ai bordi della scena a osservare e a discutere. Non solo loro, ma anche altri elementi aggiungono forza e spessore alla narrazione: le loro vesti, l’elmo che giace abbandonato dal cavaliere, le lance e spade spezzate che si rintracciano in più punti; una belva nell’angolo accudisce i cuccioli, e questo è solo uno dei dettagli tanto apprezzati della fauna e della flora pisanelliana.
Pisanello pare muoversi con maestria in un mondo cortese dal gusto fantastico, favolistico, caratterizzandolo con un profondo e straordinario realismo: caratteristiche che non si intaccano a vicenda ma anzi, traggono forza l’una dall’altra.
Veste e si acconcia secondo la moda del tempo la principessa leggendaria di San Giorgio, l’attaccatura dei capelli arretrata secondo gli usi. Rivedi i cappelli e i visi e i costumi dei gentiluomini sul fondo negli affreschi di Mantova e di Verona: così dettagliati da lasciare immaginare i luoghi e le culture da cui provengono, il potenziale delle storie che portano con sé.
Favola e realismo si fondono in un intreccio dinamico e profondamente umano: eccolo apparire. Il Tumulto del mondo.
Capisci quello che voglio dire?
Dicono che bisogna saper scegliere le proprie battaglie. Dicono anche che si dovrebbe fare sport tre volte a settimana, mangiare frutta cinque volte al giorno e farsi otto ore di sonno.
Non si può avere tutto.
Mettiti comodo, ti spiego.