In occasione del centenario della nascita, alla Triennale di Milano è stata organizzata un’interessante retrospettiva su Vico Magistretti che riunisce tutta la produzione dell’intellettuale milanese. Formatosi tra la Svizzera e Milano, cominciò ad operare attivamente nel secondo dopoguerra lavorando fin da subito con alcuni de grandi nomi dell’epoca, da Ernest Nathan Roger a Piero Portaluppi. Magistretti modificò fortemente il volto della città con una serie di interventi contestualizzati nel periodo della ricostruzione postbellica dedicandosi allo stesso tempo al disegno di pezzi di design entrati ormai nell’immaginario di tutti noi, il tutto sempre all’insegna di semplicità e raffinatezza.
La scelta della triennale come sito per questa retrospettiva è stata strategica: si tratta infatti del luogo dove l’architetto effettuò i suoi primi studi e lavori e, visitata la mostra, possiamo ammirare direttamente, in una piacevole passeggiata, alcuni degli edifici realizzati nella zona da Magistretti con un’ottica nuova, in modo consapevole, comprendendo così la cornice che ci circonda.
Nella mostra, curata da Gabriele Neri, il percorso di “Vico” – Ludovico di nascita – viene raccontato fin dalle origini della sua famiglia, che era parte della borghesia milanese e si occupava di architettura da generazioni; è in questo ambiente che il giovane neolaureato cominciò sin da subito a lavorare, acquisendo le prime esperienze nello studio del padre. Questa è la prima delle varie sezioni tematiche che vengono trattate, ognuna delle quali si focalizza su un tema preciso offrendo una panoramica a tutto tondo sul suo percorso personale e formativo e la sua svariata produzione, che spazia tra progetti di architettura, design, allestimento e disegno urbano, il tutto scandito dalla partecipazione a diversi concorsi internazionali. Il percorso progettuale di Magistretti viene raccontato tramite foto, schizzi, disegni tecnici, modellini, prototipi e arredi, in modo vario e interessante. L’attualità di alcuni progetti e disegni è subito evidente all’occhio del visitatore, che finalmente scopre un personaggio purtroppo ancora poco conosciuto.
Oltre al numeroso corpo di oggetti esposti, interessanti da considerare sono le modalità espositive adottate nella mostra. Subito notiamo come il rosso sia il colore predominante: teche, sostegni, tavoli e scaffali sono tutti caratterizzati dal colore prediletto da Magistretti, che possiamo infatti trovare spesso anche all’interno dei suoi schizzi come tratto distintivo e rappresentativo, e ancora nelle sue iconiche calze rosse che spiccano tra le foto appese. Il rosso è infatti quel colore capace di unire modernità e tradizione, il dirompente effetto cromatico delle avanguardie con il solido rosso mattone della Milano storica.
Considerando i singoli elementi espositivi che compongono gli ambienti, il visitatore può riconoscere degli arredi tradizionali e casalinghi che potrebbero trovarsi all’interno di qualsiasi abitazione, compresa la propria, ma con una differenza sostanziale che rende palese un aspetto che ad un primo sguardo d’insieme potrebbe passare in sordina: si tratta di un costante fuori scala. Il grande tavolo centrale, utilizzato per incassare le teche e esporre gli oggetti ad una distanza tale da renderli più facilmente apprezzabili dal visitatore, è tanto esteso da sembrare quasi un palco e un podio; lo scaffale che occupa tre pareti della stanza ha la funzione di una qualsiasi libreria, solo che ad essere collocati sui ripiani non sono libri, ma veri e propri mobili e modellini;e le lampade stesse, pendenti sui tavoli, ci ricordano proprio il paralume di un capolavoro del design italiano, l’immancabile Atollo di Vico Magistretti, vincitrice del Compasso d’oro nel 1979 e famosa come lampada da tavolo innovativa e rivoluzionaria.
Ad accentuare ulteriormente questa atmosfera domestica data dalla scelta degli espositori, oggetti d’arredo di fatto qui snaturati nel loro uso, contribuisce sicurante una grande cappa (come quella di una cucina) posta esattamente sopra l’ingresso della mostra: in questo caso però essa non è pensata per assorbire nulla, ma al contrario per diffondere la voce registrata dell’architetto cui è dedicata la mostra, che elargisce compendi e idee sul design e su come esso nasca della necessità e partecipi alla vita quotidiana.
Paradossalmente gli unici arredi che avrebbero una funzione tradizionale qui sono gli oggetti che compongono l’esposizione, che vengono quasi nobilitati e resi delle installazioni. Ed è così che troviamo divani semi aperti, letti in procinto di piegarsi, e una parete intera dedicata ad Eclisse, probabilmente la più famosa lampada realizzata da Magistretti, anch’essa vincitrice del Compasso d’oro nel 1965: per raffigurare il caratteristico movimento di quest’oggetto di design si è scelto di presentarla in una serie, ovviamente di colore rosso, in cui il caratteristico movimento del paralume emerge dalla sequenza delle posizioni leggermente variata di ogni pezzo. Funziona quasi come se stessimo guardando una serie di fotogrammi che cristallizzano l’immagine e il pezzo di design in questo istante, e il risultato rimanda alle serie fotografiche di fine ottocento, in cui si cercava di immortalare i vari istanti del movimento.
È quindi la mostra stessa che funziona come fosse la cattura di un’istante nel tempo e nella quotidianità nella costante lezione di Vico, che ha ancora molto da insegnarci. In questo modo noi possiamo osservare un “momento” della sua creazione riconoscendone il valore e l’impatto nelle nostre stesse vite, poiché l’oggetto di design viene collocato nel reale fino ad entrare nelle nostre case, e Magistretti sosteneva che il design dovesse essere così: calato nella vita di tutti i giorni.
La mostra rimarrà aperta fino al 12 settembre 2021
Dalle 11:00 alle 20:00, dal martedì alla domenica
Biglietto intero 9,00€
Biglietto ridotto 7,50€