Il modo migliore di comprendere un artista che non si conosce è tentare di identificarne gli schemi. Ripetizioni, immagini e temi ricorrenti, manierismi – il suo modus operandi, se si vuole; e le mostre, quando curate nel modo corretto, adempiono con precisione a questo compito: delineano in modo chiaro lo schema, ciò che insegue l’artista – o gli artisti di un movimento.
Se si presta abbastanza attenzione, tuttavia, è possibile individuare ulteriori pattern nascosti. Presentarsi a una mostra non molto preparati ma dotati di spirito critico e di una buona dose di curiosità ha i suoi vantaggi: può essere un buon modo per esplorare visioni, giochi, connessioni diverse.
Dal 15 novembre 2023 al 14 febbraio 2024, il Palazzo della Gran Guardia a Verona ospita la mostra Robert Doisneau; lo spazio espositivo non raccoglie che una minima parte – anche se significativa – delle opere del grande fotografo della scuola umanista francese.
La mostra segue Robert Doisneau nel corso della sua lunga carriera: trasmette ed espone i punti salienti della sua vita e della sua attività, definendo sezioni molto chiare e ben strutturate su periodi, temi, personaggi di rilievo. Non sono assenti i suoi anni di attività nelle officine della Renault, i suoi ingaggi per le riviste (fra cui Life e Vogue), la sua assunzione all’agenzia Rapho (presso cui lavorerà fino alla fine). Sfilano i suoi innumerevoli soggetti: portinaie, bambini, passanti, i personaggi al di fuori del comune, i lavoratori.
Non solo foto, ma anche documentari e interviste contribuiscono a far trasparire il senso dell’umorismo e i modi di fare di Doisneau: c’è tutto il necessario per il visitatore per addentrarsi nel mondo del fotografo francese.
Fatta questa premessa, sarà chiaro perché un segmento della mostra, in particolare, riesca a restare impresso: ovvero, i suoi ritratti d’artista.
Picasso appare accigliato. I pani di Picasso sono giocosi, si prestano come “mani” dell’artista e richiamano al tempo stesso alle forme della sua arte, oltre a portare una certa dose di eccentricità alla composizione. La sensazione di entrare in una delle sue nature morte è accentuata dalla bottiglia e dai bicchieri che poggiano sul tavolo.
Con Giacometti nel suo atelier, invece, lo spettatore ha l’impressione di sporgersi come un gigante dall’alto; la sensazione è quella di spiarlo non solo dentro al suo studio, ma addirittura in un modo più intimo ancora, all’interno della sua testa. L’artista stesso appare perplesso di trovarsi in quella posizione. Il gioco con le altezze non passa inosservato, la statua pare bucare la foto.
Fernand Léger tra le sue opere. Doisneau gioca qui invece applicando un principio di mimesi del pittore: l’occhio fatica a rintracciarlo e deve farlo emergere attivamente fra due tele, tanto è mimetizzato tra la folla che popola i suoi quadri. La sua espressione porta con sé una certa dose di stupore, come a chiedersi: come ci sono finito, qui?
Se si presta abbastanza attenzione è possibile individuare pattern nascosti.
Non è la sezione delle sue opere più conosciuta o centrale rispetto alla sua produzione. Di Doisneau sono altri, gli schemi più riconosciuti: altri sono i modelli che più fanno parlare di sé, altre le storie raccontate nelle sue foto. Non troviamo qui il suo amato “teatro della strada”, i locali che frequenta e le persone di vario tipo che ha il privilegio di immortalare su pellicola.
Il soggetto che posa è qui di natura completamente differente. Fra artista e fotografo si crea una complicità e un’intesa molto diversa rispetto ai contesti precedenti: Picasso, Giacometti e Léger appaiono calati nel loro mondo, con il proprio linguaggio artistico di origine, inserendosi nel gioco umoristico tanto apprezzato da Doisneau.
Il risultato sono fotografie di nessuna banalità, giocose, estremamente originali – perfettamente bilanciate tra i due linguaggi artistici.
Immagine di copertina:
Robert Doisneau photographed by Bracha L. Ettinger in his studio in Montrouge, 1992.
Tutti i crediti sono da attribuirsi a Bracha L. Ettinger.
Per approfondire:
https://www.youtube.com/watch?v=ayrvtWahJfE
A cura di Nicolas Ballario. Una produzione Silvana Editoriale.