Summerbites: un’estate a episodi

In quest’estate tutta italiana, in cui si è potuto organizzare poco e magari i progetti sono andati in fumo, vi proponiamo qualche idea per una gita fuori porta: nove località in cui trascorrere un weekend organizzato all’ultimo minuto o anche solo una domenica pomeriggio.

I contributi dei membri della nostra redazione sono vari e molto personali perché, nonostante tutto, l’estate è fatta per fuggire dalla solita routine, e il sole e la cultura si possono declinare in tutti i gusti.

Il Castello di Gradara di Filippo Pasquinucci

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Con queste parole Francesca, nella Divina Commedia, descrive il sentimento tanto forte da portare lei e il suo amato alla morte per mano del marito. Si presume si riferisca al settembre del 1289, quando Gianciotto Malatesta trafigge il fratello Paolo e la moglie Francesca da Polenta in una delle sale del Castello di Gradara.

Oggi quella stessa residenza è una delle strutture medievali meglio conservate d’Italia e, grazie alle numerose addizioni operate dai vari proprietari, anche delle più imponenti.

Attualmente a circa 30 Km da Rimini, al confine tra Marche ed Emilia Romagna, la rocca si trovava in una posizione strategica grazie alla vicinanza al mare e all’ampissima vista; oggi è un’ottima meta sia per una gita fuori porta, che per soggiornarvici qualche giorno e scoprire le più diverse attività che offre: ci si può divertire girovagando per le vie del borgo, ammirare lo strepitoso panorama dalla camminata sulle mura, godere di un bel concerto all’interno di una cornice unica e passeggiare per le sfarzose sale che ci testimoniano l’indelebile impronta lasciata dai potenti di un tempo, tra cui i Malatesta, gli Sforza, i Della Rovere, i Borgia e i Medici.  

Ciò che si può visitare oggi è frutto del grande restauro, per certi versi controverso, commissionato nel 1920 dall’ultimo proprietario privato, l’ingegner Umberto Zanvettori grazie alla collaborazione con architetti come Ferrari e Giovannoni

‘Tirati su e visita Treviso! di Marco Battaglia

Treviso è una città atipica, lontana dallo stereotipo italiano del borgo medievale bello e adornato: qui, la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato un segno indelebile, evidente nell’alternanza tra edifici costruiti secondo i dettami degli anni Cinquanta e abitazioni dallo stile medievale, uniche reduci dal bombardamento americano del 7 aprile 1944 che distrusse quasi il 90% del centro storico. Ed è forse a causa dell’estetica del dopoguerra, che per necessità ha badato più all’utile che al bello, che Treviso è una meta turistica sottovalutata, con la scomoda etichetta di ‘luogo vicino a Venezia’. In quanto trevigiano DOC, ho deciso di strutturare un itinerario di un’ipotetica gita fuori porta nella città in cui vivo, sperando possiate assaggiarne, oltre al buon tiramisù, anche l’atmosfera culturale e la bellezza. 

MATTINO. Con la brezza e il torpore delle prime ore del giorno è piacevole passeggiare per le vie del placido centro storico racchiuso tra le mura cinquecentesche e attraversato da numerosi corsi d’acqua; tuttavia, col sopraggiungere del bollore estivo, la ricerca di luoghi freschi diviene vitale: quale migliore occasione per visitare il Museo Bailo! Dedicato all’abate trevigiano Luigi Bailo, mecenate oltre che uomo di chiesa, i toni bianchi e grigi del moderno edificio fanno da teatro alle opere novecentesche della collezione permanente: i colori delle tele dei pittori, tra cui spicca Gino Rossi, infondono vivacità nell’ambiente monocromo, mentre le sculture di Arturo Martini, dalle forme sorprendenti, si stagliano contro le pareti.

Gino Rossi, Primavera in Bretagna, 1907

POMERIGGIO. Quando, trascorse le ore più calde, passeggiare torna ad essere attività piacevole, si può uscire dal centro storico per imboccare la strada della Restera, lunga via pedonale che costeggia il fiume Sile per decine di chilometri, immergendosi in un parco naturale ricco di flora e fauna. Oltre allo splendido paesaggio, si può ammirare il Cimitero dei Burci, sito archeologico incagliato in un’ansa del fiume e retaggio del passato: i relitti delle navi sono adagiati sul fondale del fiume, lambiti dal suo calmo scorrere, e rimandano alla ricca storia cittadina legata strettamente al commercio con la limitrofa Venezia. 

SERA. Dopo una gita tanto densa, vale la pena riposarsi con un calice di buon prosecco. Perché non farlo al Cantiere Art District? Immersi in una location suggestiva, circondati da opere d’arte e arredi che combinano moda ed eccesso, può così dirsi conclusa la giornata nella Marca, luogo culturalmente pulsante in cui la storia diviene motore per eventi presenti, realizzati grazie all’amore dei trevigiani per la propria casa, nella costante ricerca di una propria identità indipendente da quella dell’ingombrante ‘cugina’ Venezia.

Arte Sella: un dialogo unico tra ingegno dell’uomo e mondo naturale di Irene Bertagnin

Nel cuore della Val di Sella (comune di Borgo Valsugana, provincia di Trento) si trova uno dei più affascinanti musei d’arte contemporanea a cielo aperto, un luogo in cui natura e arte si fondono, meta perfetta per una gita estiva che unisca il piacere di una camminata tra i prati e boschi della fresca Valsugana ed il fascino di una piena immersione nell’arte.

Arte Sella è una rassegna internazionale d’arte contemporanea nata nel 1986, un’immensa esposizione a cielo aperto di opere di Land Art realizzate con sassi, foglie, rami, tronchi, materiali che il luogo in cui sorge offre e che a quel luogo saranno con il tempo restituiti, inserendosi nel ciclo vitale della natura. Arte Sella non vuole in realtà essere una semplice esposizione, ma di per sé un processo creativo, in cui l’opera di ciascun artista prende forma giorno per giorno sul luogo, in dialogo con la natura che lo circonda, accettando che sia essa a completarne il lavoro: dalla natura l’artista coglie materiali ed ispirazioni ma lascia poi che le sue creazioni ne vengano plasmate, integrate, corrose. Un luogo dunque mutevole, che cambia costantemente fisionomia, capace di sorprendere ad ogni visita. Un luogo in cui tornare, per scoprire di volta in volta cosa e come è cambiato, e riflettere sulla nostra pretesa di imporci sulla natura. Il percorso espositivo, visitabile 365 giorni l’anno, parte dal giardino di Villa Strobele (che ospita opere di architetti di fama internazionale tra cui Ettore Sottsass e Stefano Boeri), prosegue lungo il sentiero Montura (lungo 4 km, una passeggiata tra i boschi adatta a tutti), che conduce fino all’area di Malga Costa (dove è possibile pranzare con ottimi piatti di cucina tipica trentina dentro ad un tunnel di salici, continuando così l’esperienza di contatto con la natura): è in questa terza zona che si trovano le opere più monumentali e suggestive, tra cui segnalo Cattedrale Vegetale di Giuliano Mauri (oltre tremila rami intrecciati formano una vera e propria cattedrale gotica a tre navate con 80 colonne, ciascuna delle quali contiene una piantina di carpino che, una volta cresciuta, dovrebbe prendere il posto della struttura attuale, destinata invece a marcire e scomparire), Terzo ParadisoLa Trincea della Pace di Michelangelo Pistoletto e Simbiosi di Edoardo Tresoldi.

Edoardo Tresoldi, Simbiosi, 2019

Si tratta di opere che chiedono la piena immersione del visitatore, chiamato ad entrarci, a sostarvi, toccarne i materiali, mettersi in ascolto della natura circostante. Opere che diventano anche spazio per concerti, performance, spettacoli di danza, incontri sull’ecologia e sulla sostenibilità ambientale, per un coinvolgimento a 360 gradi.

Sul sito www.artesella.it si trovano tutte le informazioni per la visita e la programmazione degli eventi.

Elegia Duinese di Miriam Schirato

Il blu del mare è così intenso e la brezza così fresca che si rimarrebbe almeno un’ora sulla terrazza del castello a guardare l’orizzonte cercando di vedere Trieste, mentre lo sguardo viene continuamente distratto e deviato dal riflesso del sole sulla superficie increspata dalle onde. Ma d’altra parte di primo mattino è difficile, con la costa in penombra e la foschia dei primi vapori, riuscire a distinguere qualcosa nelle fasce sfumate di grigi e azzurri che sono i profili della costa italiana che si getta nell’adriatico scendendo verso la Croazia. Questa è l’immagine più vivida che porto con me del Castello di Duino, fortezza su uno sperone di roccia la cui posizione rivolta a sud permette di abbracciare con lo sguardo il Golfo di Trieste in un panorama a 360 gradi che include ad ovest la laguna di Grado e a nord la massa brulla del Carso.

Nota universalmente poiché diede i natali alla raccolta di elegie del poeta boemo Reiner Maria RilkeElegie Duinesi”, la località di Duino, con il suo castello, non avanza pretese e si presenta al visitatore quasi come un luogo di fiaba proprio in virtù di questa fama letteraria che la precede ma non ne da anticipazioni: il massimo che si è osato fare è stato intitolare al poeta romantico la splendida passeggiata che costeggia la riserva naturale delle falesie di Duino, percorrendo la quale, tra il profumo dei pini e il frinio delle cicale, non ci si sente distanti da quel senso panico celebrato poi dalla generazione di poeti successivi al vate boemo.

Eretto nel 1389 sui resti di un avamposto romano già riconvertito a fortezza nel X secolo, il castello ha come punti mirabili, oltre alla torre cinquecentesca, il giardino ricchissimo che si affaccia su uno strapiombo di 40 metri, la scala del Palladio e il forte-piano su cui suonò Liszt in persona (uno tra i moltissimi e illustri ospiti dei conti Thurn un Taxis, che lo posseggono da più di 400 anni). Le rovine della fortezza del XI secolo che fanno da sfondo a tutte le vedute del giardino incarnano a pieno il senso di questo gioiello della costa triestina: la loro forma malinconica rimanda ai famosi dipinti di Böcklin, ma questo riferimento è immediatamente trasfigurato per la luce che le irradia. Ne deriva che tutta l’esperienza di questo luogo è un’autentica sorpresa per gli occhi e per il cuore: è inaspettato quanto incantevole ed emana tutto il sapore intenso degli ultimi fasti dell’impero austroungarico, senza disperderlo nel tempo o nello spazio.

Sosta a Possagno di Pietro Battagliarin

Il clima continentale della laguna veneziana ci ha sempre più abituati ad un’umidità che ha pochi eguali nella penisola italiana, rendendo spesso necessario evadere dall’effetto di soffocamento. Una gita fuori porta verso l’entroterra si qualifica come l’opzione migliore, ma dove? Al fine di evitare un eccessivo sbalzo verso le più fresche e ventilate temperature montane, ecco che si presenta una soluzione che ha letteralmente un occhio sui monti e uno sulla pianura: Possagno.

Piccolo paese in provincia di Treviso, Possagno è conosciuta per essere la terra di nascita del maggior esponente della scultura neoclassica Antonio Canova, la cui geniale mente ha partorito il progetto per il tempio che, dal colle principale, svetta sul paese.

L’etimologia del suo nome si dica provenga dal latino pausaneus, letteralmente “luogo di sosta”, e nessun termine potrebbe essere più azzeccato per descriverlo: questo piccolo paese si rivela un posto dove fermarsi per lasciare il caotico centro cittadino alle proprie spalle. Una possibile modalità di ristoro in questo caso non è però data unicamente dalle varie e piacevoli passeggiate nel verde, ma anche e soprattutto dalla produzione di Canova: dello scultore, infatti, si trovano qui, oltre che la dimora, una considerevole parte del corpus scultoreum, e la biblioteca, divenuta oggi archivio storico. Lo spazio che riassume in maniera totale l’operato dell’artista è la Gypsotheca, la raccolta dei gessi e dei calchi tradotti poi in marmo dal maestro; è un luogo definibile come teatro dello stile neoclassico in Italia.

Qui prende vita appieno lo spirito canoviano: la sua rivisitazione pura e immacolata della scultura classica (pur sempre basato sull’ideale errato della bianchezza delle figure classiche) dialoga con le sale in cui si respira un’aria eterea, non toccata dal tempo e illuminata da una luce che, specialmente in seguito all’allestimento per mano del genio di Carlo Scarpa negli anni ’50, dà vita nuova non solo al gesso ma anche ai singolari bozzetti in argilla. Un inno all’importanza dello schizzo, dell’idea, dell’intuizione che la tecnica scultorea canoviana portò nel mondo dell’arte. Visitare Possagno è dunque, più che un’esperienza, una riscoperta, a pochi passi da casa nostra.

Una “cartolina” da Castiglione al lago di Sara Serpilli

Le tre strade parallele che tagliano il borgo suggeriscono ad un primo colpo d’occhio la sua fondazione romana: Castiglione del Lago, punto di riferimento strategico dall’antichità, è un vero e proprio gioiello stretto tra Orvieto, Chiusi e Arezzo, perfetto per una gita estiva post-riaperture!Caduto a inizio Rinascimento sotto il dominio di Perugia, e dunque privato della propria importanza strategica, il marchesato a inizio ‘700 si trasforma in “zona cuscinetto” al confine con il Granducato di Toscana e, di fatto, in un possedimento dello Stato della Chiesa, pur mantenendo grande vitalità dal punto di vista culturale. E’ lo stesso Stato pontificio a promuovere l’istituzione dell’Accademia degli Insensati, ove solevano riunirsi letterati e nobili locali in una sorta di cenacolo culturale itinerante nei dintorni del capoluogo moderno, mentre celebri pittori e scultori hanno lasciato qui le proprie “tracce” artistiche.

Tappe consigliatissime sono, nell’ordine, Palazzo della Corgna, unica reggia umbra fatta commissionare dall’omonima famiglia come villa “di delizie e svaghi” al celebre  architetto Jacopo Barozzi da Vignola e affrescata con Gesta di Ascanio e scene mitologiche  dal Pomarancio; la Chiesa di S. Maria Maddalena, luogo di culto più importante della cittadina umbra, ospitante la  peruginesca Madonna in trono con Bambino, un tempo creduta erroneamente opera di Raffaello; infine, la Rocca del Leone, fortificazione  medievale di Castilionis  eretta  su un’acropoli etrusca tra XII e XIII secolo con decorazioni simili a quelle che ornano la celebre Fontana nel centro storico di Perugia e, dunque, testimonianza degli stretti legami tra la città e il territorio al tempo. La Rocca, specialmente se attraversata in una bella giornata di sole, lungo tutto il perimetro offre da sola un’esperienza impagabile da cui scattare una foto “da cartolina”: una vista mozzafiato sul panorama circostante, nel quale le verdi colline umbre appaiono incorniciate dall’azzurro brillante del lago tutt’intorno. 

Villa Panza a Varese di Filippo Cortese

Bene del FAI a Varese, Villa Panza è una villa settecentesca che ospita al giorno d’oggi una delle collezioni d’arte americana del Novecento più conosciute al mondo, oltre ad essere luogo di numerose mostre temporanee che arricchiscono l’apparato espositivo e il monumentale giardino all’italiana che la circonda.

La storia di Villa Panza assunse una svolta decisiva per il suo futuro quando agli inizi degli anni 50 il conte Giuseppe Panza, che aveva adibito la villa a dimora di campagna, decise di creare una collezione d’arte del XX secolo che rispecchiasse il gusto americano e includesse artisti di calibro internazionale. Nella collezione sono  presenti oltre 150 opere di artisti americani, che affrontano i temi ricorrenti della luce e del colore, esposte in modo tale da creare un ponte tra l’antico e il contemporaneo, tra il design tipico settecentesco e il gusto delle nuove tendenze artistiche novecentesche. La villa inoltre presenta arredi rinascimentali e raccolte di arte africana e precolombiana. Tra le numerose stanze, opere di Jean Fautrier, Roy Lichtestein, Franz Kline, Claes Oldenburg, Mark Rothko, Antoni Tapies, George Segal.

A mio parere la perla di Villa Panza si trova l’ala dei rustici, che ospita una galleria di opere d’arte ambientale site specific, tra cui spiccano i nomi di Dan Flavin, James Turrell e Robert Irwin. Il tema  affrontato in queste sale è quello della luce, in tutte le sue forme, dai colori sgargianti dei neon di Flavin alle architetture aperte di Turrell che sfruttano i riflessi della luce naturale. La Villa, inoltre, è circondata da un imponente giardino all’italiana, che ospita installazioni temporanee di artisti italiani ed internazionali. Attualmente sono esposte opere di Chiara Dynys e Sean Shanahan, in un’analisi introspettiva tra geometrie del colore e blocchi monocromatici.

La Collezione Panza è un gioiello nascosto, il cui nome tra i giovani è poco conosciuto, ma pronto per  essere scoperto. Una visita di una o addirittura mezza giornata, quella che vi consiglio, se vi trovate a Varese o nelle vicinanze di Milano. Non ve ne pentirete.

Rovereto e il MART di Camilla Fabretti

Annidata tra le colline ed i vigneti della Vallagarina, incastonata al centro della Valle, si trova la piccola ma affascinante cittadina di Rovereto. Forse spesso ingiustamente trascurata a favore di luoghi più turistici quali Trento e Bolzano, Rovereto è invece un luogo che, forte del proprio retaggio culturale, si configura essere un crocevia di epoche e di emozioni. Il centro città è colmo dei fasti del Settecento veneto ammirabili negli eleganti palazzi di Corso Bettini, ma non sono da meno le chiare influenze medievali nel borgo di Castelbardo o, nella Casa del Podestà, le ombre del Dominio della Serenissima – che ne aveva fatto la sua primigenia fonte di sostentamento per l’abbondanza di legname facilmente trasportabile a Venezia grazie all’Adige.

I veri gioielli del luogo sono però custoditi nel curioso edificio perfettamente incasellato nel centro cittadino: inaugurato nel 1987, il MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea, non nasce con la semplice intenzione di divenire l’ennesimo centro museale della regione ma bensì di assumere il ruolo di polo culturale di riferimento per l’intero territorio, una sorta di agorà contemporanea dove arte, istruzione, spettacolo e natura potessero fondersi in uno strabiliante unicum che, con il suo patrimonio di oltre 20.000 opere, proponesse un dinamico ed originale viaggio tra gli ultimi 150 anni della storia dell’arte, spingendosi occasionalmente anche più indietro. Per infondere infatti un nuovo coraggioso slancio alle iniziative culturali post Covid, il MART ha rilanciato in primavera la propria agenda eventi con una triplice offerta di esposizioni temporanee, proponendo inediti ed originali dialoghi estemporanei tra maestri antichi ed artisti del passato più prossimo o addirittura del presente, rendendosi la meta ideale per una gita giornaliera fuori porta. Tra le altre, le esposizioni in questione sono: “Botticelli. Il suo tempo. E il nostro tempo”, la quale illustra la durevole influenza dell’arte del maestro rinascimentale sulla forma mentis culturale di artisti e creatori fino ai giorni nostri; “Dalí, De Chirico e Picasso. Dialogo con Raffaello”, improntata su di un triplice dialogo tra i tre giganti, e infine “Giovanni Boldini. Il piacere”, una personale sulla poliedrica personalità dell’artista che veniva considerato da Gertrude Stein come «il più grande pittore del secolo scorso» e qui raccontato nel genio della sua carriera, interamente devoluta al fotografare tramite la sua tavolozza il vaporoso romanticismo della società de fin de siècle. Per coronare la giornata, immancabili sono una visita al quartiere dei tessuti e dei disegnatori, dove spicca la casa futurista Depero – l’artista celebre per le sue tecniche spigolose ed i suoi colori vivaci con cui realizzò tra gli altri i notissimi manifesti del Bitter Campari – e una capatina all’Osteria al Pettirosso, a due passi dal crogiolo di cultura che è l’atmosfera della città.

Jesolao Meravigliao di Michelangelo Morello

Tra un mojito in Capannina e un mix di Thorn alla console del Muretto, fra una coppetta di vaniglia alla gelateria la Colombina e una passeggiata sul lungo mare dedicato a Christian de Sica, caro lettore ricorda che Jesolo, la Miami del Veneto come spesso viene soprannominata, offre un gran numero di eventi e spazi culturali.

Sebbene The City Beach sia collocata nell’immaginario del grande pubblico come un luogo dedicato al sunbathing dalle ore 10:00 alle 5 pm, interrotto solo per l’happy hour presso i vari chioschi sulla spiaggia, spesso vengono dimenticate le imponenti e sempre meravigliose sculture di sabbia che da più di vent’anni vengono costruite in Piazza Brescia, uno spettacolo a tema (quest’anno Darwin torna in città. L’umanità lascia il posto alla Natura) che attira ogni estate centinaia di turisti. A Jesolao Meravigliao, come spesso viene chiamata dall’esemplare di margherotto che la domenica mattina è solito farsi le classiche due ore di traffico per i 30 km che lo sperano dalle spiagge più richieste del Veneto, sono presenti diverse mostre come La Fabbrica della Scienza, uno spazio interattivo indicato per bambini e adulti in cui, attraverso l’ausilio di macchinari, si possono apprendere le leggi di natura. Un’ulteriore famosa attrazione culturale è il Sea Life Aquarium, un percorso suggestivo attraverso 36 vasche in cui sono presenti più di 5000 specie di animali marini provenienti dagli oceani, dai ruscelli di montagna come anche dalla laguna di Venezia. Oltre alle mostre permanenti, il comune di Jesolo si impegna ogni estate nell’organizzazione di eventi per mantenere viva la città anche dopo il tramonto; fra le piazze che scandiscono via Bafile è facile imbattersi in concerti, spettacoli circensi e mercatini. Jesolo si dimostra quindi un’ottima tappa per conciliare svago, divertimento e cultura.

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