Come il cambiamento sociale può nascere da progetti artistici

Nell’età contemporanea l’arte puramente estetica è considerata da alcuni incompleta. Per essere completa deve essere comunicativa, partecipatoria, deve essere un’arte sociale. Ma in che senso sociale? Come può un progetto comunitario essere considerato un’opera e perché l’arte “appesa al muro” viene interpretata da alcuni come mancante di completezza? Il motivo di queste affermazioni è racchiuso nell’identificazione del ruolo dell’arte con la possibilità di portare cambiamento in ambienti limitativi, di dare speranza a chi si sente abbandonato, di far vivere emozioni quando si pensava che queste fossero solo un lontano miraggio.

L’opera dell’artista cubana Tania Bruguera è emblematica per capire come un progetto artistico possa essere fonte di cambiamento sociale, un inno alla libertà in una società dove la democrazia è semplicemente una parola nel vocabolario. Nel 2002 Bruguera ha fondato Cátedra Arte de Conducta (2002-2009), un progetto pedagogico focalizzato sul concetto di arte útil, ovvero un’arte non unicamente funzionale ad un apprezzamento estetico, ma utile per sviluppare un’ideologia sociopolitica e un pensiero critico verso la propria realtà. Il progetto consisteva nell’organizzare, tra le varie attività, degli spazi volti alla discussione del ruolo civico dell’arte, a fronte della mancanza di libertà espressiva – e artistica – nel regime autoritario cubano. Tania Bruguera lotta tuttora contro le limitazioni che il suo paese impone sulla società: attraverso la sua arte promuove un modello sociale che mette pubblicamente in evidenza la mancanza di democrazia, e propone una realtà alternativa dove ogni individuo è garante di diritti ed è libero di esprimere la propria opinione. Con Tatlin’s Whisper #6, un’esibizione tenutasi nel 2009 durante la Biennale di Havana, lo spettatore veniva incoraggiato a salire su un podio e ad esprimere liberamente ciò che pensava, tenendo sulla spalla una colomba bianca. L’arte di Tania Bruguera non è solamente riconducibile a progetti pedagogico-educativi, ma è vera e propria arte partecipatoria, dove l’essenza stessa dell’opera sta nell’incontro tra artista e pubblico. Lo spettatore non è osservatore passivo di un quadro appeso al muro, ma soggetto attivo, parte fondamentale del progetto artistico. Il legame che si crea tra opera d’arte e pubblico trova quindi le sue radici negli spazi profondi dell’esistenza umana, nell’estrema necessità di sentirsi parte integrante di una realtà più ampia, dove i propri pensieri hanno un valore e non sono né marginalizzati né censurati da un regime imposto.

Tania Bruguera (a sinistra) durante un incontro di Càtedra Arte de Conducta, 2002-09, via taniabruguera.com

Altro nome centrale nell’arte educativo-pedagogica è quello di Tim Rollins, artista ed educatore americano la cui storia è strettamente collegata con quella dei Kids of Survival (KOS). Rollins svolse il ruolo di insegnante presso l’Intermediate School 52 nel Bronx a partire dagli Anni ‘80 e la prima sensazione che ebbe con il vicinato e i suoi abitanti fu quella di completo abbandono. I ragazzi a cui insegnò avevano un livello di educazione tra i più bassi, a tal punto che la maggior parte di loro all’età di 11/12 anni non era ancora in grado di leggere e scrivere in lingua inglese. L’artista pensò dunque di unire l’insegnamento della lingua con la pratica del disegno artistico, a loro più vicina visto l’interesse per la street & graffiti art. Rollins leggeva loro alcuni passi da opere letterarie selezionate e ai ragazzi era richiesto di disegnare secondo ispirazione. L’approccio era talmente diverso dal tradizionale metodo di insegnamento che veniva loro riservato, che gli studenti dimostrarono un crescente interesse verso la nuova pratica collaborativa. Il gruppo realizzò dei lavori tra i più originali, adottando una tecnica alternativa, che consisteva nell’utilizzare come supporto da disegno proprio le stesse pagine della letteratura scelta. La maggior parte dei romanzi scelti da Rollins si basavano su tematiche vicine al sentire comune dei ragazzi, come il desiderio di sentirsi accettati e riconosciuti come essere umani. Da quel momento opere come Frankestein, Animal Farm e Amerika (quest’ultima in realizzazione nell’immagine di copertina)  vennero rivisitate attraverso gli occhi dei ragazzi e il significato che veniva ad esse attribuito, pieno di carica emotiva, catturò l’attenzione di gallerie e istituzioni culturali. L’esempio di Rollins e dei KOS ha dimostrato non solo come un approccio pedagogico-artistico sia stato in grado di avvicinare degli adolescenti allo studio, ma anche come uno dei ruoli più importanti dell’arte fosse proprio quello emancipatorio.

Un progetto artistico che ha il suo fulcro non nella creazione individuale, ma nella collaborazione attiva, è in grado di essere un punto di partenza per un miglioramento della società, per diffondere idee che altrimenti sarebbero represse, per aumentare la consapevolezza riguardo censura e limitazione. È un modo per dar voce a chi una voce non ce l’ha, una luce a chi vive nel buio.

Tim Rollins e K.O.S, Animal Farm – Big Three, 1989-92, via tate.org.uk
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