La Fondazione Giorgio Cini: custode di un patrimonio 

La Fondazione Giorgio Cini nasce a Venezia, sull’Isola di San Giorgio, nel 1951 con lo scopo di ricordare il figlio di Vittorio Cini, Giorgio, morto in un tragico incidente aereo nel 1949. 

Sin dalla sua nascita, la Fondazione assume la qualità di unicum sul territorio: infatti, il conte Cini pone tra le finalità di questo luogo la ricerca umanistica, rara negli anni post-bellici quando le esigenze sentite erano altre. L’obiettivo del Conte era anche quello di restaurare e recuperare l’isola, attribuendosi in questo modo un ruolo di garante della valorizzazione e tutela anche territoriale. La Fondazione diventa luogo di scambi culturali di primaria importanza ma anche scrigno di tesori artistici oggetto di studio da parte di intellettuali di tutto il mondo, funzione che assolve ancora ai giorni nostri. Infatti, questo luogo e coloro che lo animano mantengono e portano avanti gli obiettivi di Vittorio Cini, qualificando l’Isola di San Giorgio un importante centro di ricerca umanistica e, al contempo, florido luogo di dibattiti e di incontri su questioni contemporanee. 

A dare valore a questo luogo è lo spirito imprenditoriale di Vittorio Cini ma anche l’importanza che egli stesso attribuiva alla cultura e alla valorizzazione del patrimonio. Infatti, è protagonista di uno dei gesti più esemplari e precoci nel campo della tutela, che viene rivolta  non solo del territorio insulare ma anche del patrimonio che il Conte si impegna a raccogliere al suo interno. Nel 1963, infatti, impedì la dispersione di cento fogli prelevati al nucleo collezionistico Antonio Certani e si impegnò a ricostruire nella sua interezza la raccolta del famoso intellettuale e musicista, rendendolo  il nucleo collezionistico più ricco di disegni barocchi bolognesi, con un totale di 5116 disegni numerati, 30 disegni privi di numerazione e un inventario redatto nel 1955 da Gnudi e Massaccesi.

Gli acquisti di disegni bolognesi da parte di Certani iniziarono nel 1920, in un ambiente culturale molto florido come quello bolognese e in un momento storico favorevole all’acquisto di disegni di scuola bolognese del Seicento e del Settecento. Già Giovanni Piancastelli, prima di Antonio Certani, si era preoccupato di raccogliere disegni di scuola bolognese e, nel 1916 parte della sua collezione entrò a far parte delle collezioni della Pinacoteca Nazionale di Bologna. In questi anni, Francesco Malaguzzi Valieri era direttore della Pinacoteca e si interessò anche all’acquisto della collezione del Certani. È documentato un legame molto forte tra le due collezioni, quella privata e quella pubblica, legate anche dalla figura del professor Pietra che si era occupato di acquistare dei disegni dall’Accademia Clementina da vendere sia a Certani che alla Pinacoteca Nazionale.

L’obiettivo era quello di riunire nella città felsinea più disegni bolognesi possibile. Un progetto che non manca certamente di ostacoli. Infatti, Corrado Ricci, in quanto Direttore Generale delle Antichità e delle Belle arti, si stava occupando negli stessi anni di acquistare dei disegni anche bolognesi per il Gabinetto di Firenze che si stava ampliando in più direzioni.

Nel 1929 venne eletto a direttore della Pinacoteca Enrico Mauceri che testimonia la presenza nelle collezioni di disegni di interessanti esemplari di pittura bolognese dei secoli XVII e XVIII. Negli stessi anni, la collezione Certani stava ricevendo ampi e svariati riconoscimenti; la raccolta era cresciuta a tal punto da essere considerata la più ricca e varia collezione grafica di artisti bolognesi del barocco. Il ministero della pubblica istruzione si era preoccupato già nel 1924 di sottolineare la qualità del nucleo collezionistico e di raccomandare misure cautelari e di salvaguardia del patrimonio. Un atto del 1943 descrive la collezione come composta da più di cinquemila disegni e, viste le dimensioni e la qualità dei disegni ivi conservati, ne sollecita l’inventariazione.

Dopo la morte di Antonio Certani, la collezione fu acquistata da Tammaro de Marinis che aveva stipulato un accordo con la Pinacoteca Nazionale di Bologna: al fine di liberalizzare la raccolta, avrebbe dovuto donarle un centinaio di disegni. La selezione dei disegni spettava a Cesare Gnudi e ad Andrea Emiliani. L’obiettivo dell’istituzione cittadina era quello di arricchire la raccolta del Gabinetto con disegni pregevoli, volontà che andò a scontrarsi ben preso con il rischio di svalutazione della collezione Certani nel suo complesso. I cento fogli scelti da Gnudi vennero prelevati e depositati presso il gabinetto della Pinacoteca ma non vennero inventariati in attesa della formalizzazione della pratica. Nei mesi di attesa lo scenario mutò.

Tammaro de Marinis instaurò un rapporto di fedele amicizia con Vittorio Cini e decise di vendere al conte la collezione Certani per destinarla alla Fondazione veneziana dedicata al figlio Giorgio e che era stata da poco inaugurata sull’omonima isola. La Fondazione chiese alla Pinacoteca di restituire i cento fogli prelevati al fine di ricostruire il nucleo Certani nella sua interezza e il loro ritiro avvenne grazie ad Alessandro Bettagno, segretario dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione nell’ottobre del 1963.

Cesare Gnudi non si oppose alle volontà di Vittorio Cini in quanto riconobbe nel suo intervento un gesto esemplare nel campo della tutela, un gesto lungimirante e simbolo di una sensibilità spiccata.

Nel contesto veneziano assumono particolare rilevanza le personalità sopracitate, accomunate da curiosità intellettuali e scambi culturali di rilievo per l’evoluzione della Fondazione Cini stessa, la quale  si propone, ancora oggi, di portare avanti lo spirito all’avanguardia di del Conte Cini  e la sua sensibilità nella conservazione e nella tutela del patrimonio. 

Il sodalizio professionale e di amicizia tra Vittorio Cini e Tammaro de Marinis è documentato da un corposo carteggio conservato presso la Fondazione Archivio Vittorio Cini di Venezia: da esso emerge il ruolo fondamentale che De Marinis esercitò in qualità del lungimirante magnate. Tammaro fu geniale bibliofilo, esteta intelligente, conoscitore di codici miniati, antiquario dotato di intuito mercantile e intraprendenza; il suo carattere e le sue attitudini si confancevano perfettamente ai desideri e alle necessità del collezionista. 

L’incontro tra i due avvenne in occasione dell’acquisizione della raccolta appartenuta a Victor Maséna, principe di Esslig e duca di Rivoli (avvenuto nel maggio 1939 ed oggi vanto delle raccolte librarie della Fondazione Cini), ed è testimoniato da uno scambio epistolare nostalgico dell’agosto 1966. Importante è stato anche il ruolo esercitato da De Marinis in qualità di facilitatore e mediatore nei rapporti presso la libreria antiquaria Hoepli di Milano: a questo proposito è opportuno ricordare  il ruolo di Vittorio Cini nella conservazione e nella tutela di un patrimonio librario di grande rilievo che sarebbe potuto incorrere nel rischio della dispersione e della fuoriuscita dai confini nazionali. 

Il rapporto tra i due intellettuali è fittamente documentato da uno scambio epistolare che copre tutto l’arco cronologico della loro amicizia e diventa una consuetudine quasi giornaliera nel periodo post-bellico, intensificato in alcuni momenti da progetti che videro nuovamente l’impegno congiunto di queste due figure, come la nascita delle Edizioni Italiche di Hans Mardersteig nel 1946. 

Il ruolo di De Marinis fu centrale nella creazione dell’istituzione veneziana e per i suoi primi quindici anni di attività, caratterizzati da una rete di rapporti e ambienti che lo  videro sempre al fianco del Conte Cini . I documenti oggi conservati alla Fondazione chiariscono il ruolo ricoperto da De Marinis, subentrato nella veste di advisor del conte Cini a Nino Barbantini, morto nel 1952, un anno dopo la costituzione della Fondazione. Egli fu fondamentale per la creazione del patrimonio librario e grafico ma anche nell’orientamento delle scelte strategiche della politica culturale della Fondazione. Come consigliere per le acquisizioni per la raccolta privata del Conte, De Marinis venne affiancato dal giovane e brillante Federico Zeri; inoltre, mise  a disposizione i suoi contatti e la sua influenza per prestiti, progetti, finanziamenti e donazioni per la Fondazione. 

Tammaro partecipò dunque attivamente alla creazione delle collezioni Cini, privilegiando soprattutto lo studio e la raccolta grafica antica italiana e veneziana, al fianco dell’allora segretario generale Vittore Branca. L’obiettivo della Fondazione era quello di costruire raccolte complete e creare un’ampia fototeca di documentazione a disposizione di studiosi e ricercatori; inoltre, venne definito un ricco calendario di appuntamenti espositivi che portarono all’elaborazione di mostre di grafica accompagnate da cataloghi editi dal vicentino Neri Pozza. 

Sulla scia della nascita della Fondazione Cini, mantenendo gli obiettivi delineati da Vittorio Cini e Tammaro De Marinis, l’istituzione veneziana porta oggi avanti la sua missione: quella di conservare, tutelare, preservare queste opere al contempo rendendole accessibili agli studiosi: i pone quindi come terreno fertile e in continua evoluzione che rimane, anche oggi,  teatro  fondamentale di scambi intellettuali. 

Le raccolte grafiche sopracitate sono oggi accessibili agli studiosi a fini di ricerca, previa richiesta scritta. Anche comuni visitatori possono però recarsi sulla splendida isola di San Giorgio per contemplare il complesso monumentale, visitare le mostre temporanee o partecipare ai numerosissimi incontri, seminari, cicli di conferenze realizzati durante tutto il corso dell’anno dai sette Istituti di Ricerca e dai tre Centri di Ricerca della Fondazione 

Un invito dunque a tenervi aggiornati sul calendario consultando il sito della Fondazione, e a recarvi sull’Isola di San Giorgio per visitare questo luogo  meraviglioso in cui è possibile, per studenti o ricercatori,  studiare nella grande e ricchissima biblioteca respirando l’atmosfera culturale avanguardista che guidò il Conte Cini nelle sue scelte.

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