A volte le opere d’arte più significative possono essere riconosciute senza che venga pronunciata alcuna parola a riguardo, e Joseph Beuys fu in grado di raccontare I Like America and America Likes Me senza che alcun suono uscisse dalla sua bocca.
Nel maggio 1974 Beuys eseguì la detta performance presso la Renè Block Gallery di New York City, per una durata di otto ore al giorno, per tre giorni, con l’intero corpo avvolto da una coperta di feltro. Lo spazio era piccolo, ma abbastanza per svolgere semplici – ma simboliche – azioni, come camminare con un bastone come se fosse un pastore, o meglio, uno sciamano. L’artista tedesco condivise quello spazio con un coyote e ogni sua azione era volta ad includere l’animale nella sua realtà di vita.
Si consideri l’intera performance da un punto di vista simbolico, tenendo a mente che i simboli erano un elemento centrale nella produzione artistica di Beuys. Il coyote è uno degli animali più indicati per rappresentare lo spirito americano, ed è spesso associato alle comunità indigene che abitavano la terra prima dell’arrivo dei colonizzatori europei. Il feltro ricorda all’artista il calore spirituale. Essendo il materiale noto per le sue proprietà isolanti, esso sarebbe in grado, secondo l’immaginario di Beuys, di trattenere il calore all’interno del corpo e di mantenere una circolazione dell’energia endotermica. Lo spazio della galleria, invece, doveva essere visto come la terra americana, e l’artista stesso come la contro-immagine del coyote. L’obiettivo di questa scultura sociale – termine che Beuys era solito adottare per la descrizione delle sue performance – era quello di trasmettere idee, stili di vita e possibilità di cambiamento. L’artista tedesco, infatti, considerava in primo luogo l’arte un insegnamento, un modo per far aprire gli occhi delle persone a nuove realtà, un modo per cambiare in meglio la società.
Con I Like America and America Likes Me l’artista volle mettere in luce come nella sua contemporaneità– e oserei dire tuttora – il popolo americano faticasse a comunicare, a trovare un’unità in ideali e azioni e si perdesse in discriminazioni e categorizzazioni senza possibilità di allargamento o inclusione sociale. Per anni i discendenti delle popolazioni indigene americane furono esclusi dalla ‘nuova’ comunità americana, nonostante avessero ogni diritto di farne parte.
La caratteristica più evidente della terra americana è proprio il concetto di diversità, ma se quest’ultima non è portata ad essere il collante della società, allora l’emblematico esempio che potrebbe essere lo stato americano corre il rischio di finire con l’essere una mancata opportunità. Nell’America degli Anni ‘70 le diverse etnie che convivevano nello stesso suolo non riuscivano a comunicare tra di loro e non erano in grado di trovare una connessione stabile. La divisione interna che l’America stava affrontando influenzava anche il campo delle relazioni internazionali – quelli erano gli anni della guerra del Vietnam – rendendo gli americani sempre più egocentrici e dimentichi del valore della loro diversità.
Con questa performance, l’artista ha voluto trasmettere un messaggio di solidarietà e intento comunitario attraverso l’esemplificazione della figura del coyote e dello sciamano, mostrando a tutti che tramite comunicazione e accettazione una convivenza è possibile – proprio come l’artista fu in grado di vivere con un coyote nello stesso spazio. Vivere con un animale selvatico è stato decisamente difficile, e ciò non sarebbe potuto succedere senza uno sforzo da ambo le parti. Il risultato? Dopo tre giorni, il coyote aveva modificato il suo atteggiamento nei confronti dell’artista, da ostile a più accettante, abituandosi al fatto di non essere l’unica presenza.
Dopotutto, natura e uomo sono lo stesso identico organismo e fanno parte di un’esistenza maggiore della semplice somma delle parti. Solamente accettando le differenze altrui e comprendendo i rispettivi costumi e necessità, è possibile usufruire al meglio delle nostre potenzialità.
Il messaggio di Joseph Beuys fu quello di mostrare a tutti noi che facciamo parte di un’unica realtà, che le nostre origini sono le stesse, e che possiamo comprenderci l’un l’altro solo se entriamo in sintonia, se riusciamo a ‘sentirci’. Per questo preferirei utilizzare il verbo ‘feel’ per la descrizione dell’opera, piuttosto che ‘like’: la questione non è tanto l’apprezzamento del territorio americano, quanto il sentirsi parte dello stesso suolo. Una connessione profonda e significativa è il primo passo verso una società migliore. Dopotutto, il coyote è sempre stato parte di noi: abbiamo solo deciso di dimenticarcene tanto tempo fa.